Laggiù in Virginia le magnolie formavano boschi. Alcune erano alte trenta metri e anche di più. Ma laggiù in Virginia le magnolie erano a casa. La magnolia che aveva messo radici nel villaggio di Fulham, a ovest di Londra, nel giardino di Charles Morgan, primo lord dell’Ammiragliato, non era così alta. Era una giovane magnolia ed era sola. Intorno non aveva una famiglia, ma tutte piante diverse. Alcune le conosceva. Riconosceva la strana foglia a cinque punte e i globi spinosi del liquidambar; aveva visto sbocciare, con un po’ d’invidia, i grandi fiori verdognoli dell’albero dei tulipani e i profumati grappoli bianchi della robinia. Erano tutte più alte di lei, ma solo perchè erano lì da più tempo. Le considerava un po’ parenti. Venivano dalla sua parte del mondo e come lei avevano fatto tutto il viaggio piantate in tinozze dalle doghe di legno, nel cavo di uno strano, grande albero che galleggiava sull’acqua, spinto dal vento che gonfiava i petali dei grandi fiori bianchi senza riuscire mai a strapparli.
Viaggiare per conquistare nuovi boschi, a gara con le altre piante, era un dovere per una magnolia. Ma finora i suoi antenati avevano viaggiato sotto forma di seme, trasportati nel ventre dagli uccelli dalle penne variopinte, come il fiammeggiante cardinale.
Dalla parte in cui il sole scompare, i semi trovavano il modo di scavalcare i grandi fiumi e perfino le montagne innevate. Ma dalla parte in cui il sole si leva c’era una grande distesa di acqua salata, su cui i servizievoli uccelli non osavano avventurarsi. Ma un giorno, uno strano essere che non sapeva volare, incantato come gli insetti e gli uccelli dai bei fiori profumati, si era messo al suo servizio. Il viaggio incontro al sole non era stato facile. Non erano mancati i disagi, le paure, le avversità. Ma quella mattina d’agosto del 1737 in cui sbocciarono i primi candidi fiori, dallo stupore negli occhi degli uomini intorno, la piccola magnolia seppe di aver conquistato un nuovo regno.
(Sandro Fusina)